-Corriere Dello Sport (Maida)- A sentire l'aria che tira, sembra l'anno buono per la Roma.
«Ce
la metteremo tutta. Contro l'Inter abbiamo sofferto ma c'è tempo per
aggiustare le cose e raggiungere il cento per cento della condizione.
Vogliamo vincerlo, questo scudetto».
Alla quarta stagione italiana, può confermare che questa è la sua Roma più forte?
«Credo di sì. Sono arrivati giocatori che ci hanno fatto crescere di livello. E alcuni giovani che capiscono
il calcio e hanno tanto talento. Ma soprattutto quest'anno il gruppo è
cambiato poco rispetto al passato. A proposito, mi dispiace per
l'infortunio di Castan, spero non sia nulla di grave».
Nello spogliatoio avete fissato l'obiettivo: lo hanno confessato tutti, anche il presidente Pallotta.
«Sicuramente.
Ma non siamo i favoriti. C'è sempre la Juventus, che ha meritato di
vincere il campionato l'anno scorso, e poi il Napoli. Siamo lì a
giocarcela. Sarà il campo a dare le risposte».
A un certo punto sembrava che Pjanic dovesse andare via. Perché ha deciso di rinnovare il contratto?
«Perché credo nel progetto della Roma, in questa squadra, in questo allenatore. E' stato facile».
Beh, non sempre. Lei è l'unico calciatore acquistato nella prima estate della nuova proprietà ad essere rimasto.
«Ma
io sono sempre stato molto bene. Ricordo che tre anni fa è successo
tutto velocemente. Era la fine del mercato, a Lione avevo già cominciato
la stagione. Luis Enrique mi voleva assolutamente, la società mi fece
sentire importante. Questo mi è piaciuto subito. Ho ascoltato il cuore,
diciamo. Io faccio così. L'ho fatto anche firmando il rinnovo».
I soldi non c'entrano? Ne guadagnerà tanti nella Roma.
«Ne
avrei potuti guadagnare di più altrove. Anche quest'estate. Ma io
voglio giocare dove sono felice. A Roma amo la gente, la città, tutto. E
poi questa società è perfetta per la mia crescita professionale: qui
potrò vincere e festeggiare con i nostri tifosi, che sono speciali.
Penso che per un calciatore sia questo il massimo, i soldi non sono mai
stati un mio obiettivo».
C'è stato un momento in cui ha pensato "ok, me ne vado"?
«Mai.
La trattativa è stata lunga solo perché è cominciata a stagione in
corso. C'è stato tanto rumore ma i dirigenti conoscevano la mia volontà:
restare alla Roma e firmare prima del Mondiale. Serviva solo un
accordo. E tutto è venuto naturale».
Era il Psg la società pronta ad acquistarla, vero?
«C'erano club importanti. Molto importanti. Ma non faccio nomi, non sarebbe corretto per chi mi ha cercato».
Il suo amico Benatia vive una situazione simile alla sua, a un anno di distanza.
«Non
so quali problemi ci siano tra lui e la società. Ma so che la sua
intenzione è sempre stata uguale alla mia: rimanere. Ha investito molto
nella sua carriera alla Roma. E il gruppo lo sa bene: la squadra è con
lui. Non c'è ragione per non continuare insieme» [...]
Avete giocato il vostro primo Mondiale, ottenendo un risultato straordinario. Ma in Brasile non è andata bene.
«Sono
sincero, ci aspettavamo di più, speravamo di superare almeno il primo
turno. Perché noi bosniaci giochiamo per dare gioia al nostro popolo,
per trasmettere all'esterno una buona immagine del Paese. Purtroppo
abbiamo sbagliato la partita con la Nigeria: anche l'arbitro ha commesso
degli errori ma la verità è che abbiamo giocato male» [...]
Qualche tempo fa ha detto: devo imparare a essere più incisivo sotto porta.
«E'
vero, posso crescere, anche se il gol non è mai determinante nella mia
visione del calcio. Puoi essere utile in tanti modi. Però nella scorsa
stagione, ripensandoci, avrei potuto segnare cinque o sei volte in più»
[...]
Zeman, che lei mandò a quel
paese in mondovisione proprio dopo quel gol nel derby, sosteneva: Pjanic
non è un grande giocatore nella fase difensiva.
«Io non
la vedo così. Lui aveva una certa idea di calcio, che non sta a me
giudicare. Non so se sia un grande allenatore o meno, lo dicano gli
altri: ci sono le classifiche...».
Come mai non è scattato il feeling tra voi?«Non
è scattato con tanti di noi, mi creda. Lavoravamo tanto, lavoravamo
duro, ma senza piacere. Con Garcia è tutto diverso: ti parla, ti
ascolta, ti domanda. La sua umanità è importante. Con Zeman non esisteva
questo rapporto».
A parte Garcia, che è stato decisivo nella sua conferma a Roma, quale allenatore ricorda con più piacere?
«Luis
Enrique. Mi ha insegnato a vedere il calcio in un altro modo:
movimenti, tattica, mentalità. Tutta la squadra lo seguiva. Purtroppo
non ha avuto il tempo e la pazienza per avere successo nella Roma» [...]
Quale avversario l'ha messa più in difficoltà?
«Tra
i singoli non ne ricordo uno in particolare. Ricordo la squadra: la
Juventus. Sono compatti, non lasciano spazio, con loro non puoi
sbagliare. E' così che ci hanno battuto l'anno scorso».
Ma quest'anno...
«Quest'anno... speriamo bene».