IL MESSAGGERO- N.CIRILLO__ «Faremo una guerra dura -annunciava proprio ieri il ministro dell’Interno Alfano- a tutti quelli che non hanno niente a che fare con l’amore per il calcio».
LA «COLLABORAZIONE» – Le novità vanno tutte in una
direzione: conciliare dialogo e rigore. Ne è un buon esempio, per dirne
una, l’introduzione della figura del tifoso pentito, una prima assoluta
per il mondo del calcio. Il decreto prevede infatti la possibilità di
una riduzione del periodo di daspo -l’acronimo di Divieto di assistere a
spettacoli sportivi- per il violento che abbia mostrato una seria
intenzione di cooperare con le forze di polizia e quindi di «pentirsi».
Spiega bene un super poliziotto che ha lavorato alla stesura del testo e
che vuole mantenere l’anonimato: «Dare la possibilità al questore di
ammorbidire un daspo significa attivare preziosi meccanismi di
collaborazione. Perché sia chiaro: con Genny la Carogna la polizia deve
parlarci, ma non in mondo visione».
Ma non solo il pentito. L’altra grossa novità è il daspo di gruppo.
L’esempio purtroppo classico è quello del bus di tifosi che si ferma
all’area di servizio e la devasta. Con le nuove norme il daspo sarà
applicato a tutti gli occupanti del bus, senza appello. E soprattutto il
capo riconosciuto di quel gruppo di ultrà -che sia identificato sul
posto o anche allo stadio- proprio per il suo ruolo verrà raggiunto dal
provvedimento più duro, inasprito rispetto agli altri. La logica è
quella, spiega ancora il superpoliziotto di «indebolire le logiche di
quel mondo, di spuntare le armi dell’aggregazione».
Un altro punto cardine riguarda l’allargamento del daspo ai reati di ordine pubblico.
Scatterà il divieto di stadio anche per chi danneggia una carrozza
ferroviaria, ad esempio, o per chi sfascia le vetrine della città,
quindi anche lontano dalla zona della partita. Infine la conferma della
misura già annunciata in quei giorni: il massimo del Daspo passerà da
cinque a un massimo di otto anni. Niente daspo a vita, una volta
soppesati i forti dubbi di costituzionalità.
«RESPONSABILIZZARE I CLUB»
- Non si avrebbe un quadro chiaro delle novità per il prossimo
campionato se accanto al decreto di Palazzo Chigi non valutassimo anche
il piano della task forse del Viminale del 7 aprile scorso. Tutti
attorno allo stesso tavolo, ministero, studiosi, club di prima
grandezza, rappresentanti dei tifosi, per elaborare un piano contro la
violenza. La finale di Coppa Italia sarebbe arrivata dopo, quel piano,
purtroppo, quasi la immaginava tanto si è rivelato valido e attuale. La
parola d’ordine, in questa caso, è una sola: responsabilizzare le
società, le stesse società che finora -anche le più ricche e importanti-
hanno sempre promesso e mai mantenuto. Per loro sembra l’ultima
chiamata: per rispettare quel piano, dovranno innanzitutto a
rimpicciolire i vari settori degli stadi, non più di diecimila
spettatori ciascuno e la separazione fra uno spazio e l’altro dovrà
essere netta per facilitare il controllo dei violenti, per identificare
più velocemente chi intona corri razzisti, chi innalza striscioni
vietati.
IL NODO DEGLI STEWARD – Ma
soprattutto le società dovranno garantire «un adeguato impegno di
steward», un altro dei punti dolenti. E dovranno adeguatamente
addestrarli se vorranno davvero «restituire il calcio alle famiglie»
come chiedeva il presidente Renzi all’indomani di quella maledetta
partita.Dovranno dimostrare coraggio queste società, anche nel
revocare le tesse di fidelizzazione -quelle che da quest’anno consentono
l’acquisito on line o tramite smart phone dei biglietti- a quei tifosi
che rendessero responsabili di violenza o di razzismo.
C’è poi un’altra questione che prima o
poi dovrà essere risolta e ne parla Felice Romano, segretario generale
del sindacato di polizia Siulp: «Ogni anno, per ogni campionato
di calcio, spendiamo da 23 ai 33 milioni di euro in identità accessorie
alle forze dell’ordine impegnate a garantire la sicurezza negli stadi.
Mi sembra arrivato il momento: le società di calcio, che vantano
introiti miliardari, diventino corresponsabili quei costi».
Nessun commento:
Posta un commento